Wednesday 17 January 2018
Il 10 marzo di 140 anni fa moriva a Pisa, sotto falso nome, Giuseppe MAZZINI, inseguito da un mandato di cattura della magistratura di quella Nazione, che pure aveva pensato, voluto e fatto una ed alla quale aveva sacrificato tutta la sua vita, così come al passaggio della salma dalla stazione di Bologna prontamente cantò Giosuè CARDUCCI.
Ci sono ovviamente più modi per ricordare i padri della Patria: sicuramente quello più significativo è tentare di capire se hanno parlato solo al loro tempo o se il loro ‘cenere muto’ è ancora gravido di insegnamenti per i posteri. Per MAZZINI, può dirsi che il suo pensiero e le sue proposte hanno sorvolato le umane generazioni e si presentano a noi in una luce di sorprendente attualità.
In disparte la intuizione dell’Europa Unita – che da solo propugnò e sostenne fino al punto da ragguagliarvi il modulo organizzativo della sua organizzazione cospirativa internazionale (la Giovine Europa) – due mi appaiono le ulteriori ragioni della perdurante validità del suo pensiero: la filosofia del dovere e la proposta socio-economica.
A MAZZINI, apostolo della libertà, la libertà apparve in tutta la sua nobilta' di stato originario, ma anche nella sua insufficienza: la libertà era per lui solo un mezzo per realizzare il fine per il quale gli uomini nascono, vivono e muoiono. Questo fine non è quello d’essere più o meno felici, ma di rendere se stessi e gli altri migliori”.
In questo senso, ciascun individuo ha il dovere di prendersi cura anzitutto di sé, per elevarsi sulla materialità dei bisogni primari ed approdare alla conoscenza, in conformità dell’insegnamento di PLATONE, per il quale una vita senza ricerca non vale la pena di essere vissuta. Farsi migliori significa, dunque, educarsi alla virtù! Anzi a quello “sciame di virtù”, la bellezza, l’arte, la sobrietà e la misura nel godimento dei piaceri, tutti aspetti di una medesima qualità: la bontà, che è a sua volta declinazione del bene. Che per MAZZINI, come già per Aristotele, deve essere insegnato e tramandato.
Ma la cura di sé o l'amor proprio, per MAZZINI, è speculare alla cura degli altri. Sono uomini veramente buoni quelli che riescono a sentirsi affratellati in un progetto di vita comunitaria: il risultato di questa sinergia è la città giusta, vivificata dal principio dell'amore.
“La patria non è un territorio: il territorio non è che la base. La Patria è l’idea che sorge su quello; è il pensiero d’amore, la comunione che stringe in uno tutti i consociati”.
In tal modo, combattere l'ingiustizia non e' solo un diritto, ma un dovere. Dovere di tutta una vita! Di qui il trascendimento di sé e l’accettazione del sacrificio per gli altri.
Provate a raccontarlo in giro e leggerete nel volto di chi vi ascolta tutto l’anacronismo di queste parole: ma provate poi a considerare l’enormità dei problemi che abbiamo di fronte – il cui minimo comun denominatore è la ‘egonomia’ e cioè la incapacità di riconoscere leggi che non obbediscano al dettato dell’io – e capirete che al di fuori della prospettiva disegnata da MAZZINI non c’è futuro per l’Umanità.
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Ma la peculiarità mazziniana è aver informato l’idea del dovere con il principio d’amore, che è la ragione che lo porta poi a ricusare la lotta di classe come metodo di lotta politica.
Il dovere dell’amore di sé non disgiunto da quello per gli altri ci immettono nello scenario della questione sociale, ove domina ancora la idea dell’associazionismo cooperativistico come strumento per superare la dicotomia capitale-lavoro e riunire in capo all’operaio (del braccio e della mente) la titolarità del lavoro e la disponibilità del capitale. Per MAZZINI, come per MARX, i lavoratori non debbono essere espropriati dei frutti del proprio sudore, ma contrariamente al filosofo di Treviri, MAZZINI intuì che trasferire la proprietà dei mezzi di produzione dai capitalisti allo Stato non avrebbe modificato la posizione dei salariati, mantenendone anzi la posizione di subordinazione : è appena il caso di chiosare che la storia gli ha dato ragione!
Ma il Maestro aveva anche preconizzato l’implosione del capitalismo e censurato gli errori degli economisti, gli odierni liberisti, quelli cioè che ritengono che la mano invisibile che opera nel mercato provvederà a ripianare le sperequazioni.
Il mercato, per chi non possiede nulla, è secondo MAZZINI “pura menzogna”. La libertà dei commerci, i progressi nelle comunicazioni (quel che oggi si dice:la globalizzazione!) “non gioveranno ad emancipare i lavoratori dalla tirannide del capitale, non daranno i mezzi di lavoro a chi non li ha”, mentre il capitale finirà per immobilizzarsi nelle mani di pochi, dirigendosi “verso la produzione di oggetti superflui, di lusso, di bisogni fittizi, invece di concentrarsi sulla produzione degli oggetti di prima necessità per la vita ovvero si avventurerà in pericolose e spesso immorali speculazioni”!
E’ necessario, a questo punto, fornire ai lettori una formale assicurazione: non abbiamo attinto da Sérge LATOUCHE né dai teorici della decrescita felice, ma dai “ Doveri dell’uomo”, che il Maestro volle dedicare agli operai italiani nel momento in cui si coronava il sogno dell’Unità dei popoli italiani, sia pure (o proprio per questo?) sotto l’egida di Casa Savoia.
Un libro che il Mahatma GANDHI amava definire la sua Bibbia morale e che di MAZZINI scrisse nel 1905: " fu un uomo pio, scevro dall'egoismo e dall'orgoglio. La povertà fu per lui un onore. Guardò alle sofferenze altrui come fossero le proprie. Ci sono pochissimi esempi al mondo di un singolo uomo che abbia determinato l'edificazione della propria patria con la sua inestinguibile forza d'animo e l'estrema devozione al dovere per tutta la vita! ".
Avv. Franco Maldonato